Di tanto in tanto, nella disperata ricerca di stratagemmi per far ripartire l'economia e puntellare le traballanti finanze pubbliche, si torna a parlare di nuove soluzioni per il TFR. Diciamo subito che qualsiasi iniziativa che vada a colpire il TFR già accantonato dalle aziende è da scartare a priori per non creare ancora più problemi alle aziende stesse o all'INPS. Il TFR maturato fino ad oggi non si tocca.
Si può invece lavorare, secondo me, su quello che maturerà in futuro, ad esempio a partire dal 2015. Oggi le aziende con meno di 50 dipendenti si limitano ad accantonare contabilmente il TFR maturato dai propri dipendenti. Contabilmente significa che non mettono realmente da parte i soldi, ma inseriscono in bilancio una voce che incide sul conto economico dell'anno, in modo tale da non dover sostenere l'intero costo quando terminerà il rapporto di lavoro con il dipendente. I soldi rimangono invece nella disponibilità dell'azienda, che li può quindi utilizzare come meglio crede per investimenti o altro. Il dipendente presta quindi all'azienda una parte della propria retribuzione che gli verrà restituita, leggermente rivalutata e pesantemente tassata, quando i due si separeranno. Sempre che ovviamente l'azienda abbia al momento la liquidità necessaria per pagare il TFR maturato dato che, per dipendenti con anzianità e/o stipendio elevati, potrebbe trattarsi anche di cifre significative. Se l'azienda non ce la fa, ad esempio perché è fallita, subentrano comunque dei fondi a tutela dei dipendenti, ma occorrono domande, pratiche e complicazioni burocratiche per recuperare quanto dovuto.
Quindi, perché non pagare direttamente in busta paga al dipendente, mese per mese, l'equivalente di quanto l'azienda deve mettere oggi da parte per il TFR? Stiamo parlando di una quota pari alla retribuzione lorda diviso 13,5. Per avere un'idea concreta, su uno stipendio di 2000 Euro lordi mensili, si tratta di circa 100 Euro netti. Questa cifra sarebbe pertanto nell'immediata disponibilità del dipendente da utilizzare a suo piacimento per acquisti indispensabili, spese assolutamente frivole o investimenti nelle forme che ritiene più opportune. Il TFR sono soldi miei, perché devo obbligatoriamente prestarli all'azienda?
Come "effetto collaterale" si avrebbe una tassazione anticipata rispetto all'incasso finale. Per lo Stato sarebbe sicuramente un vantaggio finanziario, ma anche per il dipendente ci sarebbe maggiore equità dato che verrebbe assoggettato all'aliquota del momento e non a quella della tassazione separata futura.
Si obietterà che il pagamento immediato indurrebbe comportamenti da cicala, mentre il TFR attuale ci aiuta ad essere un po' più formiche. Bene, allora introduciamo l'opzione, alternativa alla precedente, di versare questa quota direttamente all'INPS, ma non nel fondo di tesoreria che ha solo la funzione di deposito della liquidità, quanto piuttosto nel conto previdenziale del singolo dipendente per andare ad accrescere il piccolo gruzzoletto, già alimentato mensilmente con i contributi previdenziali pagati, dal quale in futuro scaturirà la pensione di vecchiaia. Dopo l'ultima riforma Fornero che ha imposto per tutti l'utilizzo del metodo contributivo a partire dal 2012, un'integrazione di questo tipo aiuterebbe ad avere una pensione un po' più consistente.
In un mondo del lavoro dove è molto più frequente di un tempo cambiare spesso occupazione, è inutile ricevere ogni volta un piccolo TFR. Molto meglio averlo a disposizione mese per mese oppure, se vogliamo essere davvero "previdenti", metterlo da parte per la pensione.
P.S.: ovviamente resta poi aperta la terza
ipotesi, cioè quella della cosiddetta Previdenza Integrativa con
versamento del TFR in fondi pensione gestiti da società private
specializzate (?) nella gestione del risparmio. Questa opzione però
esula dal ragionamento essendo comunque un forma già possibile oggi.
N.B.: È molto probabile che quanto sopra contenga delle inesattezze al punto di vista tecnico. Spero che gli errori non siano tali da compromettere il significato complessivo di quello che volevo dire.
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